Friday 17 August 2012

Salita del Monte Bianco per la normale italiana

Questa è una di quelle idee che nasce cosi', un po' per caso. Quando ci pensi per la prima volta e lo dici agli amici pensi anche "vabbè, tanto alla fine non si farà...". L'idea di salire il Monte Bianco è nata questo inverno, parlando con mio fratello. L'anno scorso abbiamo percorso insieme l'Alta via numero 4 delle Dolomiti e l'anno prima la Haute Route (versione trekking). Quindi, per questa estate si doveva pensare a qualcosa da fare...
   Io me ne esco con l'idea di andare in cima al Monte Bianco. Avevo da poco letto "I miei ricordi" del leggendario Walter Bonatti e il Monte Bianco mi era rimasto molto impresso. Certo io non mi sarei mai sognato di salire per una delle vie fatte da Bonatti....ma l'idea di salire in cima al Monte Bianco mi allettava molto. Cosi', lo propongo a mio fratello. Lui di tutta risposta dice "...e andiamo". Lo ha detto in dialetto barese, il che rende molto di piu' :).
   E allora via con i preparativi. Il piano iniziale prevedeva di salire e scendere per la via normale francese. A causa di vari problemi nella prenotazione dei rifugi (è davvero un casino prenotare i rifugi sul versante francese), il piano è stato modificato come segue:
  • Giro di riscaldamento e acclimatazione al Domes du Miage (3 giorni in totale)
  • Partenza dalla val Veny per arrivare al rifugio Gonella
  • Esplorazione del ghiacciaio fino alla cresta finale
  • Giorno di riposo al Gonella, per ulteriore acclimatazione
  • Salita al Monte Bianco e discesa per la via francese con pernotto al Gouter
Non mi dilungo sul giro di riscaldamento che alla fine non è stato completato per via della stanchezza di alcuni membri della cordata. Ad ogni modo la lunga traversata del ghiacciaio regala dei bei panorami e qualche interessante scaletta...



Dopo un giorno di riposo in cui abbiamo visitato Chamonix si parte dalla val Veny per salire fino al rifugio Gonella. Il sentiero è segnato fin da subito con indicazioni per il rifugio. Tuttavia, da quando si arriva sulla morena che costeggia il lunghissimo (credetemi...davvero lungo) ghiacciaio del Miage, le indicazioni lasciano il posto a segnali su pietre che non sono sempre ben visibili. Il percorso che abbiamo fatto noi seguiva tutta la morene che costeggiava il ghiacciaio per poi andare al centro del ghiacciaio. Da qui si segue una traccia che è abbastanza ben visibile. Tutto il sentiero si fa su una pietraia che ricopre il ghiacciaio. All'inizio è molto bello perchè diversamente da un sentiero normale richiede quasi costante attenzione (anche se mai difficile). Dopo un paio d'ore inizia ad essere stancante...ma per fortuna i panorami non mancano mai di stupire. La traccia va seguita fino a quando non si supera sulla destra la serraccata del ghiacciaio del Dome. A questo punto ci si porta un po' a sinistra per superare il torrente che scorre al centro del ghiacciaio e si prosegue dritto (seguendo la lingua di rocce sulla sinistra rispetto alla direzione di marcia) fino a scorgere sulla destra la traccia che risale lungo la parete. Da questo momento in poi è consigliabile mettere il casco in quanto ci potrebbero essere rocce che cadono (anche calciate giu' da altri alpinisti). Il sentiero è molto interessante, anche se alcune corde fisse e scale lo rendono piu' sicuro del dovuto. Come direbbe Messner, la montagna deve essere pericolosa :).



Il sentiero prosegue attraversando anche un nevaio, il che lo rende ancora piu' interessante, almeno secondo me. Dopo una salita che è piu' lunga di quanto non ci si aspetti si arriva al rifugio Gonella. Il primo pensiero da cui si viene assaliti quando si guarda in alto verso il ghiacciaio del Dome è "e mo?". Nel senso....come diavolo faro' ad attraversare tutti questi crepacci? E' esattamente questo il motivo per cui sono voluto arrivare al rifugio con due giorni di anticipo, in modo da avere il tempo di ispezionare il ghiacciaio.


   La mattina seguente infatti siamo partiti per andare ad controllare dove la traccia andasse attraverso tutti quei crepacci. Contro ogni mia aspettativa, la traccia non è difficile da trovare e riesco ad arrivare (con tutta la cordata) fino alla cresta che si trova alla fine del ghiacciaio.


Qui per sfortuna mio fratello scivola e nel fermarsi (per fortuna tutti ci siamo fermati subito anche grazie alla corda molto corta) si lussa una spalla. Tra mille sofferenze riusciamo a riportarlo alla fine del ghiacciaio dove il terrento è molto pianeggiante e chiamiamo un elicottero. Nelle sue condizioni ci sarebbe voluto troppo tempo per ripercorrere il ghiacciaio al contrario...e visto che il caldo era davvero tanto i ponti di neve sui crepacci iniziavano ad indebolirsi. Affranto piu' per l'aver perso la cima che per la sua spalla, mio fratello viene portato via in elicottero fino ad Aosta. Noi altri (me compreso eravamo rimasti in 3), siamo scesi fino al rifugio. Solo allora mi sono reso conto di quanto fossero grandi i crepacci. All'andata infatti era notte e quindi si vedeva ben poco. Alcuni crepacci sono veramente mostruosi...mai vista roba del genere. Appena tornato al rifugio chiamo mio fratello che mi assicura di stare bene, anche se dovrà portare un tutore alla spalla per 1 mese.
   Due giorni dopo si parte per la vetta vera e propria....finalmente! Ci si sveglia alle 11:30 di sera, ci si prepara mettendo anche l'imbracatura e si va a fare colazione alle 00:00. Certo, chiamarla colazione è un po' tanto, ma per oggi non avremo altra colazione se non quella. Alle 12:15 siamo fuori da rifugio, gasatissimi, e ci incamminiamo verso il ghiacciaio. La traccia va prima verso sinistra per risalire un primo pendio. Poi si riporta al centro del ghiacciaio e poi serpeggia in mezzo ai crepacci tendendo sulla sinistra per risalire fino al punto piu' basso della cresta. Il percorso cambia ogni anno in quanto dipende fortemente dalle condizioni del ghiacciaio. In alcuni casi, sul crepaccio terminale si puo' trovare una scala orizzontale. Noi abbiamo trovato un ponte di neve solido e siamo passati senza problemi...anche se la paura di fare un bel salto nel crepaccio c'era sempre. Arrivati in cresta (Grises) si comincia a risalire fino seguendo la cresta. Ci sono alcune roccette, ma tutto abbastanza facile. Arrivati al Pitons des Italiens si volge a destra. Qui la cresta si fa a tratti davvero sottile, alle volte senza il posto per poggiare la piccozza. Occorre procedere molto lentamente, facendo molta attenzione a dove si mettono i piedi. Devo dire che durante l'attraversamento di questa cresta ho capito perché si parte cosi' presto da Gonella. Non è per via delle condizioni della neve, che degradano parecchio col caldo.....ma è perché in questo modo si attraversa la cresta col buio, e quindi non si ha possibilità di essere spaventati dai precipizi su entrambi i lati :). Il tratto di cresta sottile non dura molto. Successivamente si continua a proseguire dritto per il Dome du Gouter. Circa 5 ore e mezza dopo essere partiti dal rifugio Gonella ci si ricongiunge alla via normale francese. Da questo punto in poi perdere la strada è IMPOSSIBILE :). Se la giornata è bella ci sono tantissime persone che salgono e si forma una vera e propria serpentina di luci lungo la cresta che porta in cima. Lo spettacolo è a dir poco unico. Tutta la vallata di Chamonix ancora nelle braccia di Morfeo, una serpentina di luci che risale la cresta e un lieve bagliore all'orizzonte...che come direbbe de Andrè è il sole che va a stuprare un'altra notte. Durante la salita in cresta si vede il sole che poco a poco si fa strada nel cielo notturno. Dalla parte opposta si vede l'immensa ombra del Monte Bianco sulla valle. Dopo un paio d'ore di facile salita si raggiunge la cima. Uno dei componenti della cordata ha avuto dei seri problemi con la quota, ma con ottime frasi motivazionali siamo riusciti a portarlo fino in cima. Per questa cosa ci avrebbe ringraziato per tutta la sera. In cima c'è tanta gente ma purtroppo a causa del vento fa molto freddo e non si riesce a stare molto tempo. Lo spettacolo è pero' davvero stupefacente e riesco a fare qualche foto in sequenza che poi uniro' in un panorama.


Ed ecco il sottoscritto in cima e con le mani quasi congelate :)



Dopo le strette di mano, i complimenti, le foto e gli abbracci (non i biscotti) si scende. Quando incominciamo di nuovo a scaldarci possiamo fermarci per fare alcune foto alla via di salita. Durante la salita in se non sarebbe stato possibile anche a causa della scarsa luce. Avrei dovuto usare una lunga esposizione ma visto che non ho la mano ferma come un cecchino ho pensato che avrei conservato il ricordo di quelle vedute tra i miei ricordi piu' belli.



Finalmente si arriva al rifugio Gouter (purtroppo quello nuovo ancora non è aperto). Il rifugio è a dir poco uno schifo...a cominciare dai bagni. Comunque, vista la fame e la stanchezza non si fanno storie. Si mangia, si discute di tutta la salita e poi si va dormire. Prima pero', qualche foto al tramonto.


La via di discesa dal Gouter fino al treno non ha presentato problemi. Anche il Grand Couloir non ci ha voluto regalare qualche pietra cadente...per fortuna. All'ora di pranzo siamo di nuovo a valle, molto stanchi ma anche molto contenti.

Ad essere sincero pensavo che sarei stato piu' soddisfatto dopo la salita del Monte Bianco. Invece, mi sono sentito come se il tutto fosse stato fin troppo facile. Da un lato la cosa mi ha fatto capire che forse mi ero preparato molto bene, e dall'altro che la prossima volta posso spingere i miei limiti un po' piu' in là. La prima cosa che ho pensato una volta tornato a valle è stata "quale sarà la prossima?". Immagino che questa sia una cosa comune nell'alpinismo...si scala e si scala come se si fosse alla ricerca di qualcosa che non si trova mai. Si crede che cio' che si cerca sia in cima, qualsiasi cosa essa sia. Ma una volta raggiunta la cima, viene come portata via dal vento, verso una cima piu' alta e piu' difficile. Tuttavia non si torna dalla montagna a mani vuote, in quanto si è cresciuti internamente, come diceva il grandissimo Bonatti. E allora io comincio a pianificare la mia prossima montagna, facendo tesoro di quello che ho imparato sul Bianco e rimanendo sempre affamato di nuove vette, e soprattutto di nuove sfide.